La campagna cinese scorre alla mia destra dal finestrino di un treno, non molto interessante a dire il vero. Mia mamma mi aveva detto prima che venissi in Cina: “sembra un po’ la Bergamasca”. Vero, è così. Quello che cambia però è la gente, le case e l’ ampiezza dell’ insieme. Il cielo è grigio ormai da giorni e ogni raggio di sole rappresenta un’ eccezione, una luce dimenticata. Sì, la campagna cinese, ma dove sono esattamente? Dove sono stato? Dove mi porta questo treno nel suo ‘painfully slow’ viaggio di 22 ore?
Eravamo rimasti a Pechino. Il 18 dicembre avrei dovuto incontrare Milena, la mia cara amica tedesca, e la sua coinquilina (entrambe vivono a Utrecht, NL) Siska, una belga. L’ incontro ebbe luogo nella meridionale provincia del Guangxi. Guangxi vuol dire “ampio ovest”. Questa provincia ospita una popolazione mista di Han e varie minoranze etniche. Questo mix ci attraeva e perciò abbiamo deciso di esplorare questo sud-ovest remoto e montagnoso. Volato da Pechino a Guilin, il capoluogo del Guangxi, ho preso un autobus per Yangshuo e subito, l’essere fuori dalle grandi città, il vedere del verde e delle montagne appuntite tutto intorno a me, mi ha reso allegro. Da aggiungere c’è anche il cambio di temperatura: dai meno 8 della mattina a Pechino ai 17 di Yangshuo.
La regione di Yangshuo e dintorni mi ha fatto pensare subito al sud’est asiatico. Non ci sono mai stato ma molti amici e molti libri e documentari me ne hanno parlato attraverso parole e immagini. I taxi della città erano motociclette, e nei parchi situati tra le colline a guglia, i bambini giocavano e i vecchi suonavano uno strumento ad arco e cantavano canzoni–cantilene senza fine. Incontrare le ragazze all’hotel e parlare di nuovo olandese dopo 2 settimane mi ha anche fatto piacere. Yangshuo, città sui 300 000 abitanti, meta turistica importante del meridione cinese. La sera le piccole pagode sulle colline si colorano con le solite luci al neon kitsch rosse o verdi, a intermittenza.... n’ importe quoi! Ci sono un paio di strade con edifici tradizionali, lanterne rosse e un sacco di gente che va su e giù. Tutti i commercianti cercano di venderti le loro cose dai loro negozi ma a me interessa solo il cibo: nonostante la ricca cena in ostello mi mangio una portoghese tortina all’uovo, un dolce di sesamo, una maracuja, e forse altre cose che ora non mi ricordo. Tutto fa un po’ pensare a una vacanza al mare d’estate, solo non fa così caldo e la gente è più piacevole rispetto alla tipica folla da riviera. Il secondo giorno a Yangshuo prendiamo delle bici e andiamo per risaie tra le già descritte colline a pinnacolo, tra paesini di contadini e allevamenti di pesce d’acqua dolce. Tutti salutano, i bambini sono carinissimi, i cani non abbaiano MAI. L’unica cosa che ci ha fatto pensare e formulare le più svariate ipotesi erano due signore che ci hanno seguito lungo tutto il tragitto verso il ponte di pietra che volevamo raggiungere in bici. A volte pedalavano di fronte a noi, a volte ci seguivano da una certa distanza. Ci indicavano la strada ma non cercavano di venderci nulla. Chissà chi erano. Magari impiegate del comune messe lì per fare sì che gli stranieri non si perdano; magari ‘spie’ messe lì per assicurarsi che non andassimo in certi posti, o che parlassimo con la gente di ‘argomenti sensibili’. Resesi conto che non facevamo altro che scattare foto a paesaggi, contadini, cani e bambini, e che non parlavamo cinese, devono essersi messe il cuore in pace. Credo. Chissà chi erano!
In ogni caso, questo è stato il mio primo incontro con dei villaggi cinesi. Povertà, ti viene da dire, ma poi anche no. Vero che tutto è un po’ cadente e molto basico, ma tutto sembra anche funzionale e abbastanza al fabbisogno delle piccole comunità che abbiamo visitato. La gente mangia e lavora un sacco, gioca a carte un sacco, sorride e scherza un sacco. Tutti i bambini dicono “HELLO!!”, “BYE BYE!!” e tutti ridono felici. Dopo i villaggi e le risaie abbiamo continuato a pedalare verso un paese dove c’era un mercato. La via che ci porta lì ci fa vedere gente al lavoro con enormi quantità di cachi messi a seccare in apposite casse. Al mercato, che c’è ogni giorno, tutto è organizzatissimo in zone e capannoni per ogni tipo di merce. Ecco dunque che, curiosando nel capannone della carne ci troviamo di fronte ad un famoso cliché della Cina: il cane come carne da mangiare. A pochi metri di distanza da un signore che brucia il pelo di un coniglio con la fiamma ossidrica (cosa che si fa con molti animali, tra cui RATTI) vediamo un cane messo lì sul banco tutto intero e senza pelle. Curioso. Milena non ce la fa a stare lì; vuole guardare, ma non vuole vedere. Io m’incanto e vedo il macellaio che inizia a sfilettare la bestia. Sembra proprio che ai cinesi il cane piaccia molto, soprattutto nel sud. Nel nord della Cina, nelle steppe della Mongolia interna e nella Manciuria questa bestia è per prima cosa un aiutante dei pastori o un tira slitta, un amico e collega. Guai a mangiarlo dunque. Nel sud invece, il cane piace in una ciotola di spaghetti in brodo. Inoltrandoci sempre di più nell’entroterra i ristoranti specializzati in cane aumentano e a volte fuori dalla porta vedi cani in gabbia come fossero pesci in un acquario. In una cittadina l’insegna del ristorante proponeva: spaghetti di riso in brodo con carne di montone, maiale, manzo, cane, ECCETERA. Che ridere, almeno, a me fa ridere. Poveri cani, ma comunque un po’ mi fa ridere la cosa.
Ma dunque, dopo esser partiti da Yangshuo siamo andati alla volta delle colline e valli abitate dalla minoranza etnica dei Dong. I Dong costruiscono le loro case con assi di legno incastrate senza l’uso di un singolo chiodo. Un po’ come i templi giapponesi. I Dong costruiscono anche torri di travi incastrate e al centro, per terra, c’è sempre uno spazio per il falò. Che ridere; passavamo di lì tutti infreddoliti dalla stagione e dall’altitudine e i vecchi del paese ci hanno invitato a sederci intorno al fuoco con loro. Facce bellissime da Cina d’altri tempi e cappelli rivestiti di pelo e con i paraorecchie alla maniera comunista. Molti vecchi fumavano pipe di bambù ed ecco che poco dopo esserci seduti me ne hanno caricata una. Buona, molto forte. Mi spiegavano quanti tiri dovevo fare ogni volta ma io non ci capivo molto e tutti ridevano. Non so se dovevo inalare o no, forse per quello ridevano. Cazzo, solo tabacco ma forte! Ero un po’ fatturiello (stoned). I Dong, inoltre, sono conosciuti per i loro ponti coperti, bellissimi e anche questi costruiti senza chiodi. Altra loro specialità sono i loro vestiti. Tessono il cotone e poi, con un procedimento che dura circa 2 settimane, li colorano con l’indaco ottenendo un effetto traslucido. Queste camicie dal taglio orientale mi hanno rapito e nel paese seguente me ne sono fatta fare una su misura e di un colore violaceo scuro traslucido, un po’ come una prugna diciamo. Questo paese, Zhaoxing, è considerato il più importante per quanto riguarda la preservazione della cultura Dong. Il bello è che non ha nulla di quel forzato che hanno tante mete turistiche etniche. La vita sembra scorrere davvero alla maniera Dong, tra pipe sotto le torri, in case di legno e il lavoro nelle magnifiche terrazze a risaie di riso glutinoso. La gente approfitta del turismo senza inscenare nulla. I contadini siedono a un tavolo comune nel centro del villaggio e mangiano insieme dei frutti del loro lavoro giornaliero. I bambini vanno a scuola nelle loro camicie tradizionali. La gente si prende cura delle faccende domestiche in ogni angolo e presso ogni canale mentre le donne tingono i tessuti e li appendono ad asciugare in spirali scioltamente appese a dei bastoni che servono per stendere i panni. Il sole versa i suoi raggi sul caldo legno marrone scuro, un uomo seduto su uno gabellino sul marciapiede fuori di casa brucia con la fiamma ossidrica il pelo di un ratto, l’indivia lavata è messa ad asciugare sulle travi dei balconi. Tutto intorno, risaie su colline e più in là i monti. HOW POETIC ISN’T IT?
He he he, a parte gli scherzi, bello davvero. A Zhaoxing abbiamo passato anche il Natale. Per la prima volta ho fatto la cena della vigilia invece del pranzo natalizio. Il giorno di Natale invece, ci siamo imbattuti in un funerale Dong. Presso una delle torri una bara di legno laccata di nero e intarsiata era appoggiata su una specie di cavalletto posto dietro a un tempietto in miniatura di legno e carta e pitturato di viola. Le donne stavano in piedi dietro la bara e a turno vi si appoggiavano e piangevano il loro dolore dopo aver messo i loro copricapo (degli asciugamani avvolti a mo’ di turbante) di uso quotidiano sulla bara. Gli uomini invece si radunavano nella piazzetta adiacente alla torre e si avvolgevano intorno al capo lunghi foulard bianchi (il bianco in molte culture è il colore della morte) che penzolavano fino a metà gamba. Davanti al mini tempietto tavolini con offerte di maiale. Una testa di maiale nel cui naso venivano infilati dei bastoncini d’ incenso, e vari organi in ciotole. Appesa a una delle colonne portanti della torre c’ era la metà sinistra del maiale. Le donne si davano il turno a piangere dietro la bara, nell’ombra della torre, mentre gruppi di uomini si susseguivano nell’inchinarsi a pregare al sole dello spiazzo. Un signore molto anziano, probabilmente il capo religioso del villaggio, dirigeva la cerimonia e si distingueva grazie a una seconda fascia bianca portata a mo’ di cintura. Diceva quando gli uomini dovevano inginocchiarsi e poi rialzarsi. Mentre erano inginocchiati un giovane riempiva 3 bussolotti con della polvere da sparo e appena gli uomini si alzavano e si spostavano, altri uomini gettavano interi rotoli di miccette (tiny firecrackers) nella piazzetta e il giovane dava fuoco ai mini cannoni artigianali. Un fracasso della madonna. Lo sciamano soffiava in una lunga tromba e un signore andava in giro con una scatola piena di sigarette offrendone a tutti i partecipanti. Seduti a dei tavolini gli anziani suonavano degli strumenti tradizionali. Il ciclo di inginocchiamenti, preghiere, botti, e sigarette sembrava non volere finire più tanto è che noi 3 stranieri ce ne siamo andati a fare un giro. Ripassando dalla torre circa 2 ore più tardi vedemmo che i partecipanti erano partiti a piedi e con la bara per una processione fuori dai confini del villaggio, verso colline. La morte che segna la fine della vita, il cimitero che come in tante culture, si trova fuori dal centro della vita quotidiana. La processione è salita su una collina per poi scendere di nuovo verso il cimitero, vicino a delle risaie. Ancora tanti, tanti botti durante la sepoltura e poi via, si torna alla vita, al villaggio. Sulla strada del ritorno alcuni paesani offrivano il cibo che di tradizione si mangia ai funerali: riso glutinoso, una bella palla di riso nella mano sinistra, pesce marinato in aceto e peperoncino, e vino di riso. Il tutto andava consumato andando, senza fermarsi né guardare indietro, come a voler significare che anche dopo la morte di qualcuno la vita va avanti, la vita e il cibo che ci tiene in vita dunque, e che ciò che è stato è stato. Fisicamente spostarsi dalla scena di lutto in fretta e con un regalo di vita in mano, in bocca e nella pancia, camminando, avanzando, ti riporta presto verso la quotidianità. Successivamente, nel villaggio, molti uomini continuarono a bere e suonare per qualche giorno. La durata del funerale dipende dalla ricchezza e quindi anche estensione della famiglia del deceduto. A giudicare dalla durata e numero di partecipanti, il funerale al quale abbiamo assistito noi doveva essere di qualcuno appartenente a una famiglia piuttosto benestante.
Zhaoxing, che bel posto. Nel mezzo della demotivazione totale che mi attanaglia da mesi questo paese di legno e risaie ha risvegliato un po’ d’entusiasmo per ciò che ho studiato all’università (antropologia culturale).
Da Zhaoxing ci siamo poi spostati verso una città chiamata Rongjiang, fiume dei rong. I rong sono degli alberi enormi in larghezza che crescono lungo i fiumi della zona. Qui i Dong si mischiano con i Miao, altro gruppo etnico della Cina centro-meridionale. A parte un bel villaggio Dong ai margini della città, Rongjiang fa cagare ma è a modo suo molto interessante. Dopo aver trovato un hotel molto economico e confortevole (7 euro a notte per una stanza da 2 letti semimatrimoniali!) siamo andati a cena con 2 cinesi anche loro in vacanza nella zona. Il giorno dopo siamo andati a vedere un villaggio Miao, Matang, che nel libro di Siska veniva descritto come “grazioso ed incontaminato”. Che ridere; la strada che porta a Matang è completamente sterrata e polverosissima. La polvere si alza impietosa ogni volta che uno dei numerosi camion diretti alle cave ci passa di fianco. Vediamo gente che vive in baracche di legno provvisorie costruite accanto al luogo di lavoro, in questo caso prima una segheria e poi delle cave di roccia calcarea. Tutto è bianco di polvere, montagne di ghiaia ci circondano, i macchinari fanno fracasso, sul lato di una collina una ruspa in una posizione impossibile (come è arrivata lì?) sradica alberi. Saliamo sempre di più e la quiete della montagna torna a regnare, osserviamo cessi che sono delle stanzette di legno costruite a strapiombo sui dirupi. Funzionano così: si entra nella stanzetta al cui pavimento mancano molte assi, ci si accovaccia e si caga tra le assi facendo sì che la merda rotoli giù verso valle. Interessante. Il villaggio dove arriviamo è cadente, puzzolente e povero. I pochi abitanti sono schivi e intenti a fare travi e costruire o riparare molte delle case di legno. Anche qui, nel più cagato paesino, c’ è gente che costruisce case o strade come in tutti i posti che finora ho visto in Cina. Stanno rimettendo la nazione a nuovo.
Tornati verso la sporca Rongjiang facciamo un giro tra strade di terra dissestate e condomini comunisti, l’occasionale stella rossa su un palazzo, la falce e martello sui poster del comune. Stanchi e in hotel decidiamo di andare a farci fare un massaggio al salone lì sotto. Che goduria, un’ora di massaggio, tutti e tre in stanze diverse. La mia massaggiatrice era molto carina e provava a parlarmi ma io non capivo una minchia. Tra lo sforzo di capirla, la stanchezza e il massaggio me ne andai un po’ in trance. La vera esperienza di Rongjiang è iniziata dopo il massaggio quando la capa (boss), suo figlio di 7 anni e le ragazze hanno tirato fuori l’hotpot (fornello elettrico sul tavolo, padellona sopra, brodo, carne, pesce e verdure, ognuno tira giù quello che vuole e se lo mette nella sua ciotola col riso) e più o meno ci costringe a mangiare lì e ci offre un sacco di vino di riso. Arriva altra gente e si continua a mangiare e bere. A un certo punto la tipa mi mette una testa nella ciotola ed io la guardo e vedo che ha delle tracce di peli neri…. e siamo in una zona in cui si mangia il ratto. Le chiedo che cosa sia e mamma massaggio mi dice che è solo una testa di pollo, io mezzo ubriaco non capivo, o non volevo capire o discutere, e Milena mi dice: “Just eat it” ed io mangiai la poca carne attaccata a questa testa di ….? Probabilmente ho mangiato una testa di ratto dunque, mentre Siska ha probabilmente mangiato un pezzo di cane. Dopo cena il bambino riceve dei soldi dalla mamma, mi prende per mano e mi porta verso il mercato. Tutti i cinesi che ci vedono ridono, il bimbo mi parla ma io non lo capisco. Mi porta a un fast-food cinese di pollo dove ci sono delle altalene su cui giochiamo (io in fase regressiva) mentre il bimbo aspetta il suo ordine. Una volta rientrati al salone massaggi partiamo per una serata al karaoke con amici. Diversamente dal Giappone, dove ogni gruppo ha la sua stanzetta, e anche diversamente dal karaoke occidentale dove ci si esibisce di fronte a tutto il bar, in Cina ogni gruppo di amici riceve una stanza piuttosto grande, con un piccolo palco. Si beve birra e si mangia frutta e poi, se sei stufo di cantare, metti su la musica house o zarra (fout) o quello che vuoi e balli. Molto divertente. Rongjiang che all’inizio ci sembrava il buco di culo di un cane da macello si è rivelata una gran bell’ esperienza. Bello e tutto, ma era giunto il momento di partire di nuovo alla volta dei paesini tra colline e montagne.
Svegliatici in hotel ecco che mamma massaggio ci viene a prendere e ci porta in un negozio di foto dove copia tutte le foto fatte la sera prima per poi accompagnarci alla stazione dei bus dove ci aiuta a fare il biglietto. Un intero giorno in pullman ci fa vedere valli scure di sempreverdi mentre saliamo a un’altitudine tale che non si vede più niente tanto siamo tra le nuvole. Con la testa tra le nuvole arriviamo in una piccola valle ai piedi di 2 colline punteggiate da numerosissime luci; siamo a Xijiang, il paese culturalmente più importante per i Miao.
Abbastanza grande, Xijiang è completamente costruito in legno e si arrampica sulla collina. Tenuto benissimo come è, ci accorgiamo presto che questo pulito splendore è possibile a causa e al fine del turismo. Tutto è Miao; i negozi, il cibo, i posti importanti della città, il tutto ben indicato in ogni parte del paese da cartelli di legno sia in cinese sia in chinglish (l’inglese maccheronico cinese). Milena vede un gatto e anche lui fa miao. Era un gatto Miao. Tra l’altro, lo dico così en passant, gatto in cinese si dice “mao”. Insomma, Xijiang, bel paese ma un po’ troppo turistico, anche se d’inverno questa cosa non pesa troppo. Pesanti invece sono i bellissimi artefatti che i Miao producono con l’ argento. Bracciali e orecchini sono i più proni ad essere indossati nella vita quotidiana, mentre invece le collane sono rigide, grosse e pesantissime. Fanno anche copricapo e varie placche e cinture con frange (TUTTO in argento) che vanno a ornare i loro costumi tradizionali. La mia amica Siska ne ha anche indossato uno di questi costumi, ma come è successo? Ecco che ve lo spiego.
Eravamo alla ricerca di un posto dove mangiare ma era già tardi per i ritmi cinesi e faceva freddo. Passeggiando per la città passiamo di fronte a una ‘stanza’ con cucina annessa aperta sulla strada. Si tratta di un mini ristorante. Mini sì, ma affollatissimo! Un sacco di uomini seduti intorno a 2 tavoli da hotpot mangiano hotpot e riso e bevono vino di riso (mijiu). Noi affamati ci fermiamo un attimo a guardare ed ecco che subito ci invitano a unirci. Appena seduti inizia il problema della comunicazione: non parlo cinese ma so scrivere diversi caratteri cinesi grazie al fatto che parlo giapponese, lingua diversissima ma che usa gli stessi ideogrammi. Questo significa che devo giostrarmi carta e penna, pensare ai caratteri, capire quello che mi dicono, tenere in mano la ciotola col riso e pescare con le bacchette pesce e verdure dall’ hotpot. Se già sembra difficile ecco che una delle padrone del ristorante mi si mette di fronte con un bel bicchiere colmo di mijiu. Noi 3 pensiamo: “cazzo, anche stasera ci fanno ubriacare....”. Io faccio per prendere il bicchiere ma la donna lo tira indietro e mi fa cenno che me lo fa bere lei. Detto ciò, e reggendo il bicchiere con due mani, inizia a versarmi il liquido in bocca lentamente cantando una canzone nella lingua Miao, dopodiché ripete l’operazione con un secondo bicchiere colmo di mijiu e poi passa alle ragazze che, dopo aver superato un momento di titubanza, cedono all’ ospitalità che ci viene imposta. Mangiando e bevendo altro mijiu il tempo passa in allegria e un altro uomo arriva. Si chiama Mr. Yang e insegna l’ inglese alla scuola media di Xijiang. Mr. Yang ci spiega che ai Miao piace molto il vino di riso che producono (in effetti, il più buono assaggiato in Cina) e che una volta era usanza accogliere i viaggiatori in questo modo. Delle donne si mettevano al lato della strada per cui andavano i forestieri e ogni tot metri BUM!, un paio di bicchierate di mijiu. I viaggiatori arrivavano quindi spesso ubriachi nei paesi dei Miao.
Tutti sono molto simpatici ed ospitali e quando Mr. Yang ci chiede di andare alla sua scuola il giorno dopo per fare un po’ di conversazione d’ inglese con i bambini, noi siamo molto contenti. Ci svegliamo presto, Siska e Milena prima di me perché le donne devono sempre fare cose misteriose che durano tanto, e andiamo alla scuola media al di là del fiume. Leggiamo brani dal libro di testo in una classe e facciamo un po’ di conversazione con i bambini in un’altra classe. Terminate le lezioni, la bella aiutante maestra d’inglese ci porta verso il posto che Mr. Yang ha fissato per il pranzo. Saliamo e saliamo per le tortuose scalinate tra le case di legno e io chiedo un sacco di cose alla bella e pudica maestrina. A un certo punto ci viene incontro una nonna Miao e ci fa entrare in casa sua. In quel momento capiamo che avremmo mangiato da lei. Dopo il consueto tè bello caldo, arrivano le pietanze. Il primo piatto si chiama “carne di dicembre” e guarda caso era dicembre. Si tratta di fettine di grasso di maiale e pochi pezzi di vera carne, salate e affumicate. Per quanto possa fare strano mettersi in bocca pezzi di puro grasso, era un piatto buonissimo. Il grasso si lasciava mordere bene nella sua uniformità senza farti litigare con i filamenti. La struttura omogenea come fosse marmellata compatta si fondeva poi in bocca. Mentre siamo ancora intenti ad abituarci ai pezzi di grasso, nonna Miao arriva con una bella hotpot di pesce e verdure, riso, e vino di riso. Nonna Miao cercava di farci bere di più ma noi abbiamo saputo gestirci i bicchieri in modo tale da non finire ubriachi di nuovo. Abbiamo mangiato tanto e bene. Verso la fine del pranzo arriva Mr. Yang che inizia a spiegarci che lui fa parte di una sorta di comitato per la salvaguardia della cultura Miao. Ci spiega che Xijiang vuole che le case e le attività dei suoi abitanti restino Miao. Per creare incentivi, il comune insieme a questo comitato hanno elaborato un piano per cui più una casa possiede o produce vestiti o oggetti d’ argento tradizionali, più sussidi riceve dal comune. Più Miao la cosa, più turismo, più soldi, sperando di non sconvolgere il paese ma anzi, di favorire il turismo sostenibile. La casa dove eravamo era una delle più Miao in base al numero di costumi ed argenteria tradizionali ed è lì che Siska ha indossato il bling bling dei Miao.
Ogni anno Xijiang fa da palcoscenico alle feste Miao e tutto è pronto per i turisti. Tutto è grandeur e sfarzo, megaschermi e megatribune, ma per la strada si sente più mandarino che miao e i costumi tradizionali sono spesso fatti nelle fabbriche di qualche città più grande. L’argento però, continuano a lavorarlo loro producendo creazioni bellissime. Se bisogna sforzarsi per tenere viva una cultura, se le sue feste e ricorrenze vengono adattate al grande pubblico da fuori, allora secondo me c’è poco da fare. Essere Miao diventa un po’ come essere di discendenza irlandese o italiana in America, una discendenza più che un’ appartenenza, memoria anziché modus vivendi.
Il giorno seguente, andandocene, le impressioni di Xijiang ancora aleggiano in noi. L’architettura, il ristorante con gli uomini ubriachi e simpaticoni, la scuola con i bambini, le insegne dei negozi tradotte con google translate (“forever faithful car dealer’s”, “the beasts poison the feed store”…) e i numerosissimi ristoranti di cane. Ancora pensando a “fire is unmerciful, fire alarm should be rung all the time” (immaginati la sirena di emergenza in caso d’incendi che suona SEMPRE, ininterrottamente!!) l’ennesimo minuscolo bus ci porta a Kaili. Kaili ha circa 140.000 abitanti ed è per gli standard cinesi una specie di paesone (big village). Lì avremmo passato il capodanno e poi ci saremmo separati: le ragazze verso SHANGHAI ed io verso il treno a bordo del quale ho cominciato a scrivere questo post. In poche parole eravamo a Kaili per ragioni pratiche e non per la città in sé, anche se questa offre un buon punto di partenza per esplorare i villaggi Miao e Geijia che la circondano. La prima impressione della città: depressione. Nuvole sopra le nostre teste (...), cantieri, grigiore comunista. Anche trovare un hotel sembra difficile ma alla fine ce la facciamo! Abbiamo una stanza da tre letti con bagno e tv, in tutto 8 euro a notte (la stanza, non a persona) nello spassosissimo, il nome non poteva sintetizzare di più l’essenza di questa città, PETROLEUM HOTEL!!! Sul serio, si chiamava davvero così.
Dentro, un bancone troppo alto con dietro una ragazza di cui si vedevano solo gli occhi e la fronte, molto simpatica e apparentemente noncurante del nome del suo posto di lavoro. Dietro di lei “petroleum hotel” scritto in lettere e caratteri dorati ma sporchi di nero, di petrolio forse? Salendo le scale vediamo nascoste dietro altri banconi delle donne che chiacchierano mentre fanno l’uncinetto. Tutti i muri dei pianerottoli sono dipinti di verde petrolio e il paesaggio che ci si presenta dalla finestra di camera nostra comprende un bel cantiere e sullo sfondo degli edifici in fase di demolizione. Sublime.
Kaili sarà pure brutta, ma l’atmosfera è simpatica e amichevole. Il secondo giorno cambiamo hotel e nel pomeriggio, girando un po’ per le numerose vie, pedonali e non, dove fare shopping, approfittiamo dell’ampissima scelta di cibo da strada. Mangiamo dei pechinesi spiedini di frutta cinese glassata e noci, un classico, ma anche una cosa mai vista prima: delle crèpe di pastella di riso cotte al vapore e poi riempite con verdure, peperoncino, e arachidi. Passeggiamo per quartieri popolari con strade sterrate e cliniche dentistiche con i lettini di fronte alla strada polverosa. I dentisti fumano e giocano a carte. Uno posa con le pinze alzate quando Siska lo fotografa. Misteriosi centri di agopuntura e trattamenti a base di pressione pneumatica (delle ventose su certi punti del corpo) affiancano negozi di vestiario e ferramenta. In uno spiazzo tra due case degli uomini intorno ad un falò tagliano la gola a un pollo e corrono per il diametro della superficie dove si costruirà una nuova casa, spargendo sangue. Mangiamo un altro snack (le ragazze dei panini ripieni di crema di fagioli cotti al vapore, io un raviolone al vapore ripieno di riso e fagioli). Dopo questa istruttiva passeggiata che ci fa anche attraversare un mercato, torniamo sulla strada pedonale principale dove Siska vuole comprare dei braccialetti dai tibetani che, a parte la bigiotteria, ti vendono anche pezzi di animali secchi tra cui una zampa di tigre. Non lontano dai tibetani un uomo cammina vendendo la sua merce: appesi al tipico bastone cinese da sorreggere con le spalle, ratti spellati e affumicati, pronti al consumo. Difficile annoiarsi quando vedi così tante cose insolite tutte in una volta.
Così come ho cercato di descrivere qui sopra abbiamo passato l’ultimo giorno del 2008. La sera abbiamo mangiato ‘occidentale’ in un ristorante chic (5 euro a persona). Bistecca, patate e verdure accompagnate dalla solita birra-acqua cinese e un bicchiere di vino rosso infimo offerto dalla casa. Dopo cena siamo finiti nella, credo, unica discoteca di Kaili dove come è consueto in Cina, non c’è una vera pista da ballo ma tanti tavolini dove si sta in piedi e si balla mentre si fa il solito gioco dei dadi. I cinesi che erano lì, sconvolti dalla felicità causata dalla nostra presenza, ci hanno offerto innumerevoli bicchieri di tè freddo e whiskey. Abbiamo ballato un po’ ma il tutto è finito abbastanza presto perché bisogna tenere conto del fatto che i cinesi il nostro capodanno lo festeggiano giusto per fare un po’ di festa. Il primo di gennaio in Cina conta solo sui calendari; il vero capodanno arriva tra fine gennaio e febbraio.
Questa Kaili che all’inizio ci sembrava un buco di culo cementato si è invece rivelata ospitale, buona da mangiare, e divertente. Il 2009 di noi tre europei in viaggio è iniziato in questa città. Indimenticabile credo, visto che a parte ragioni pratiche quali comprare i biglietti del treno e prepararsi al lungo viaggio, ben pochi turisti verrebbero qua. Il 2009, dunque. Il 2009 che nel suo primo giorno, anche se qui tutti vanno al lavoro e tutti i negozi sono aperti, ci vede separarci per raggiungere destinazioni diverse. Milena e Siska devono affrontare un viaggio in treno di 25 ore alla volta di SHANGHAI, io devo farmi 3 ore in pullman, dopodiché aspettare un’ora e mezza e salire su un treno che in 22 ore (painfully slow) mi porta al luogo dove mi trovo adesso, al momento di finire questo lunghissimo post: Chengdu.
Ci ho messo 2 settimane a scrivere questo post cercando di riassumere 2 settimane di viaggio, ma com’è Chengdu? Che sto combinando nella capitale dell’ovest cinese e dei panda?
Continua
To be continued
続く
GOOGLE TRANSLATE VERSION
The Chinese campaign runs at my right hand through the window of a train, not much interesting to tell the truth. My mother had told me before it was in China "seems' the Bergamasca. True, it is. The difference, however, is the people, houses and 'breadth of' together. The sky is gray now and every day sunshine is an 'exception, a light forgotten. Yes, the Chinese, but where exactly? Where I was? Where this leads me train in his' painfully slow 'journey of 22 hours? We were still in Beijing. The December 18 meeting would have to Milena, my dear friend, German, and his coinquilina (both live in Utrecht, NL) Siska, a Belgian. L 'meeting took place in the southern province of Guangxi. Guangxi is "wide West." The province is home to a mixed population of Han and various ethnic minorities. This mix attracted us and we have therefore decided to explore this remote south-west and mountainous. Flew from Beijing to Guilin, capital of Guangxi, I took a bus to Yangshuo and now, being outside the big cities, seeing the green mountains and pointed all around me, I made you happy. Added there is also the change of temperature, from minus 8 in the morning in Beijing to 17 of Yangshuo. The region of Yangshuo and the surrounding area has made me think to sud'est Asia. There have never been but many friends and many books and documentaries I have spoken through words and pictures. Taxis in the city were motorcycles, and parks located in the hills a spire, children playing and old played a stringed instrument and sang songs cantilene without-end. Meet the girls and talk to the Dutch again after 2 weeks I was also pleased. Yangshuo, a town about 300 000 inhabitants, important tourist destination in Southern China. In the evening small pagodas on the hills are colored with the usual kitsch neon lights red or green, intermittently .... n 'importe quoi! There are a couple of streets with buildings traditional red lanterns and a lot of people going up and down. All merchants are trying to sell you their things from their shops but I only affects the food despite the rich dinner in hostel I eat a all'uovo Portuguese cakes, a sweet sesame, a maracuja, and perhaps other things that no I remember. Everything is a little 'think of a holiday on the beach in summer, not only does so hot and people are more pleasant than the typical crowd from the coast. The second day at Yangshuo take the bike and go to the paddy fields between the hills above a pinnacle, between the villages of peasants and herds of freshwater fish. All welcome, children are carinissimi, dogs do not bark MAI. The only thing that made us think and make several assumptions were two ladies that we have followed all along the way to the stone bridge we wanted to reach by bike. Sometimes pedal before us, sometimes followed by some distance. We showed the way but not trying to sell us anything. Who knows who they were. Perhaps the common masses used here to ensure that foreigners do not lose, maybe 'spies' put there to make sure that we were not in certain places, or speak with the people of' sensitive '. Become that did not only take pictures with landscapes, peasants, dogs and children, and that did not talk about the Chinese must have put my heart in peace. Creed. Who knows who they were! In any case, this was my first encounter with Chinese villages. Poverty, it is to say, but also not. Everything is true that some 'shooting and very basic, but everything seems to function well enough and the needs of small communities that we visited. People eat and work a lot, play cards a lot, smiles and jokes a lot. All the children say "Hello!", "BYE BYE!" And laugh all happy. After the villages and rice fields have continued to ride to a country where there was a market. The path that leads us there to see people at work with huge amounts of dried persimmon made in special cases. At the market, which is every day, everything is very organized in areas and buildings for each type of merchandise. So that, a strange building in the meat we are dealing with a famous cliché in China: the dog meat as food. A few meters away from a man who burns the fur of a rabbit with the oxygen flame (which is done by many animals, including RATTI) see a dog put on the bench there whole and without skin. Curious. Milena not do it to stay there, want to watch but does not want to see. I m'incanto and I see that the butcher began to sfilettare the beast. It seems that the Chinese like the dog very much, especially in the south. In northern China, in the steppes of Inner Mongolia and Manchuria this beast is a first assistant of the pastors or pulls a sleigh, a friend and colleague. Woe to eat then. In the south, however, the dog like a bowl of noodles in soup. Also becoming more inland restaurants specializing in dog and sometimes rising out of the door see dogs in a cage like fish in an aquarium. In a town the name of the restaurant offered: rice noodles in soup with beef and mutton, pork, beef, dog, and so on. That laugh, at least, makes me laugh. Poor dogs, but rather 'I am laughing at it. But then, having started from Yangshuo time we went to the hills and valleys inhabited by the Dong ethnic minority. The Dong build their homes with wood boards fit without using a single nail. Un po 'as the Japanese temples. Dong I also build towers and beams stuck in the middle, on the ground, there is always room for a bonfire. That laugh; past there all the cold season and dall'altitudine and old in the country have invited us to sit around the fire with them. Beautiful faces from China to other times and hats covered with hair and the way the Communist paraorecchie. Many old smoked bamboo pipe and so be seated shortly after I have loaded one. Good, very strong. I explained how many shots I had to do every time but I do not understand a lot and everyone laughed. I do not know if I had to inhale it or not, perhaps for one laughed. Cazzo only tobacco but strong! I was a little 'fatturiello (stoned). The Dong also are known for their covered bridges, beautiful, and these built without nails. Their other specialties are their clothes. Weave cotton and then, using a process that takes about 2 weeks, color them with indigo getting a translucent effect. These shirts cut eastern kidnapped me and following me in the country are made to a tailor and a translucent dark purple color, a little 'like a plum say. This country, Zhaoxing, is considered the most important with regard to the preservation of culture Dong. The beauty is that it has nothing of that which have forced many ethnic attractions. Life seems to really roll the way Dong, in the pipe between the towers, in wooden houses and work in the beautiful terraces of rice paddies. People take advantage of tourism without staging anything. The farmers sit at a table in the town center of the village and eat all the fruits of their daily work. Children go to school in their traditional shirts. People take care of the household in every corner and at every channel while women colored fabrics and hang them to dry in a hung loosely spirals of sticks used to draw clothes. The sun pours its rays on the hot dark brown wood, a man sitting on a Gabellino on the sidewalk outside the house burns with oxygen flame hair of a rat, wash the endive is put to dry on the beams of the balconies. All around, the rice fields on the hills and beyond the mountains. HOW POETIC IS NOT IT? He he he, apart from the jokes, really beautiful. In the past we have also Zhaoxing Christmas. For the first time I made dinner on the eve instead of Christmas lunch. On Christmas Day, however, we came across a funeral Dong. At one of the towers a wooden coffin painted black and inlaid was supported by a sort of stand-up to a miniature temple of wood and paper and painted in purple. The women were standing behind the coffin and turn it supported were crying and their pain after having their headgear (a towel wrapped mo 'turban) for daily use on the coffin. The men instead gathered in the square adjacent to the tower and is wrapped around the head long white scarf (white in many cultures is the color of death) and penzolavano until mid-leg. Before the mini temple tables with offerings of pork. A head of a pig nose in which the poles were put d 'incense and bowls in various organs. Hanging on to one of the pillars of the tower c 'was left half of the pig. The women gave the turn to cry behind the coffin, the shadow of the tower, while groups of men followed nell'inchinarsi to pray to the sun of the open space. An elderly gentleman, probably the religious leader of the village, headed the ceremony and was distinguished by a second white band brought to mo 'belt. He said when the men had to kneel and then rise again. While they were kneeling filled a couple of 3 Bussolotti with gunpowder and men just get up and moved, others threw entire rolls miccette (tiny firecrackers) in the square and gave the young guns fire mini craft. A crash of the Virgin Mary. The shaman blew a long horn and a man went around with a box full of cigarettes, offering to all participants. Seated at tables of elderly people played traditional instruments. The cycle of kneeling, prayers, barrels, and cigarettes do not want to end it seemed so much is that we 3 foreigners there, we went to do a lap. Rehearsing tower about 2 hours later we saw that the participants had left on foot and with the coffin in a procession outside the borders of the village, towards the hills. The death marks the end of life, the cemetery and as in many cultures, is located outside the center of daily life. The procession is on a hill climb and then descend again to the cemetery, near the paddy fields. Still many, many barrels during the burial and later on, you return to life, to the village. On the way back some villagers offered food that we eat the traditional funeral: glutinous rice, a nice ball of rice in his left hand, fish marinated in vinegar and hot pepper, rice and wine. Everything was going consumed, without stopping or looking back, as if to signify wish that even after the death of someone's life goes on, life and the food that keeps us alive then, and that was what it was. Physically move from the scene of mourning quickly and with a gift of life in their hands, mouth and stomach, walking, moving, will start off early in the everyday. Later, in the village, many people continued to drink and play for a few days. The duration of the funeral will depend on the wealth and thus extending the family of the deceased. Judging by the length and number of participants, the funeral that we have seen we had to be someone belonging to a fairly wealthy family. Zhaoxing, that beautiful place. In the midst of total demotivation me gripping the country for months of wood and rice fields has attracted some 'of enthusiasm for what I studied at university (cultural anthropology). From Zhaoxing we then moved to a city called Rongjiang, river of rong. I rong are huge trees that grow in width along the rivers of the area. Here Dong mixed with the Miao, another ethnic group of central and southern China. Apart from a beautiful village Dong the edge of the city, shit Rongjiang ago but his way is very interesting. After finding a hotel very cheap and comfortable (7 euros a night for a room for 2 beds semimatrimoniali!) We went to dinner with 2 Chinese also on holiday in the area. The next day we went to see a Miao village, Matang, which in the book Siska was described as "pretty and unspoiled." That laugh, the road to Matang is fully excavated and polverosissima. The dust rises impietosa every time one of several trucks direct to cave passes next. We see people living in temporary wooden barracks built next to the workplace, in this case before a sawmill and quarrying of limestone. Everything is white powder, gravel mountains surround us, the machines make noise on the side of a hill Loaders in an impossible position (as it came there?) Uproots trees. Always go up more, and the quiet of the mountain back to reign, no longer look at the rooms that are built of wood on the overhanging cliffs. They work like this: you enter the room where the floors are missing many boards, you accovaccia and caga between the axles so that the shit rolls down towards the valley. Interesting. The village is where we come shooting, smelly and poor. The few inhabitants are bashful and intent to make beams and build or repair many of the wooden houses. Even here, in the village cagato, c 'is people building houses or roads as in all places that I have seen so far in China. They are leaving the nation forward. Back to the dirty Rongjiang do a tour of land between roads and rough condominiums Communists, the occasional red star on a building, the hammer and sickle on the poster of the municipality. Stanchi hotel and decide to go and make us a massage salon there under. What pleasure, one hour massage, all three in different rooms. My masseuse was very nice and tried to talk but I did not understand a minchia. Among the effort to understand the fatigue and the massage left me a little 'in trance. The real experience of Rongjiang started after the massage, when the capacity (boss), his son of 7 years and the girls have pulled out of the hotpot (electric cooker on the table, above padellona, broth, meat, fish and vegetables, everyone pulls down what he wants and puts it in his bowl with rice) and more or less forced us to eat there and gives us a lot of rice wine. Arriva and other people continue to eat and drink. At one point, the tipa I put a head in the bowl and I look and I see that the traces of hair ... blacks. and we are in an area where it eats the rat. I ask what is and massage mom tells me that it is only the head of a chicken, half drunk, I did not understand or do not understand or want to discuss, and Milena says: "Just eat it" and I mangiai a little meat attached to this head .... I probably ate a rat's head then, while Siska had probably eaten a piece of cane. After dinner, the child receives money from the mother, took me by the hand and leads me to the market. All the Chinese that we are laughing, the baby talk to me but I do not understand that. Brings me to a Chinese fast-food chicken where there are swings that play (me being regressive) while the child awaits his order. Once returned to the massage salon leaving for an evening with friends at karaoke. Unlike Japan, where every group has its own room, and unlike the West, where karaoke is performed in the face of all the bars in China each group of friends receives a fairly large room with a small stage. Drinking beer and eating fruit and then, if you are tired of singing, put on the house music or Zarra (fout) or whatever you want and dance. Very funny. Rongjiang beginning we felt that the ass hole of a dog slaughter was a large bell 'experience. Beautiful and everything, but it was time to start again at a time of villages between the hills and mountains. Wake up in hotel massage mother here to take us and brings us into a photo shop where copies all photos taken the night before and then accompany us to the bus station which helps us to make the ticket. An entire day coach makes us see the dark valleys of evergreen and climb to an altitude that you can not see anything so we are among the clouds. With his head in the clouds come in a small valley at the foot of 2 hills dotted with many lights, we Xijiang, the country more culturally important to the Miao. Fairly large, Xijiang is completely built of wood and climbs up the hill. Considering how well it is, we soon clear that this beauty is possible due to the end and tourism. Everything is Miao, shops, food, places in the city, all well suited to every part of the country panels of wood in China is chinglish (English maccheronico Chinese). Milena sees a cat, and he does miao. Miao was a cat. Among other things, I say so in passing, cat in Chinese is called "mao". In short, Xijiang, beautiful country, but rather 'too much tourism, although in winter it does not weigh too much. Heavy are the beautiful artifacts that produce Miao with 'silver. Bracelets and earrings are the most Proni to be worn in everyday life, while the necklaces are rigid, thick and heavy. They also headgear and various plaques and belts with fringes (ALL silver) that go to adorn their traditional dress. My friend Siska has also worn one of these costumes, but how did it happen? So I will explain. We were looking for a place to eat but it was already late for the Chinese and rhythms was cold. Walking through the city we pass in front of a 'room' with open kitchen adjoining the street. This is a mini restaurant. Mini yes, but crowded! A lot of people sitting around tables 2 hotpot eating hotpot and drinking rice wine and rice (mijiu). We are hungry we pause a moment to look here and now invite us to join. Just sitting begins with the problem of communication: I speak Chinese but not so many Chinese characters to write because I speak Japanese, but diversissima language that uses the same ideograms. This means that I must giostrarmi paper and pen, thinking about the characters, understand what I say, hold the bowl with rice and fish with vegetables and fish sticks by 'hotpot. Already, it seems difficult that this is one of the restaurant owner puts me in the face with a glass filled with mijiu. 3 We think: "fuck, even intoxicate us tonight ....". I do I take the glass but she pulls it back and I mention that it makes me drink it. Having said this, and holding the glass with both hands, he begins to pour the liquid into your mouth slowly singing a song in the Miao language, then repeat the operation with a second glass full of mijiu and then move on to girls who, after a moment of hesitation, surrender all 'hospitality that we are being imposed. Eating and drinking more time passes mijiu in joy and another man arrived. His name is Mr. Yang and teaches the 'English school in the Xijiang. Mr. Yang says that Miao like rice wine producing (in fact, the best tasted in China) and that once it was customary to welcome travelers in this way. Women are put to the side of the road which went to foreigners and every tot meters BUM!, A couple of glasses of mijiu. Travelers often drunk and then came to the countries of Miao. Everyone is very friendly and hospitable, and when Mr. Yang asks us to go to her school the next day to do some 'conversation' s English with the children, we are very happy. We wake up soon, Siska and Milena before me because women are always doing something mysterious that last time, and we go to school beyond the river. We read passages from the textbook in a class and do a little 'talk with children in another class. After the lectures, the beautiful assistant teacher of English brings us to the place that Mr. Yang has set for lunch. Go up and go up the winding stairs to the wooden houses and I ask a lot of things to fine and modest maestrina. At one point there is a grandmother Miao meeting and enables us to enter his house. At that moment we understand that you have eaten. After the usual tea nice hot dishes arrive. The first course is called "flesh of December" and see if it was December. These slices of pork fat and a few pieces of real meat, salted and smoked. As can do make strange mouth pieces of pure fat, was a delicious dish. The fat was left biting well in his uniform without you quarrel with filaments. The homogeneous structure like marmalade compact then merged into the mouth. While we are still intent to get used to the pieces of fat, Miao grandmother comes with a nice hotpot fish and vegetables, rice and rice wine. Miao grandmother tried to make us drink more but we have been able to manage your glasses in a way that does not end up drunk again. We have eaten so well. Towards the end of the dinner comes Mr. Yang starts to explain that he is part of a sort of committee for the Protection of the Miao culture. He explains that he wants Xijiang houses and activities of its inhabitants remain Miao. To create incentives, the town with this committee drew up a plan for a house which has more or produce clothes or objects' traditional silver, the more benefits it receives from the municipality. More Miao thing, more tourism, more money, hoping not to upset the country but rather, to promote sustainable tourism. The house where we were was one of the Miao based on the number of traditional costumes and silverware and it is there that Siska has worn the bling bling of the Miao. Each year ago Xijiang stage with Miao festivals and everything is ready for tourists. Everything is pomp and grandeur, megaschermi and megatribune, but for the way he feels that more mandarino miao and traditional costumes are often made in factories in some larger cities. Silver, however, continue to work it to produce their beautiful creations. If we must strive to keep alive a culture, whether its festivals and celebrations are tailored to the general public from the outside, then I think there is little to be done. Miao be becoming a little 'how to be Italian or Irish descent in America, descendants more than a' membership, memory instead of modus vivendi. The following day, walking, impressions of Xijiang still looming in us. The architecture, the restaurant with men drunk and simpaticoni, the school with the children, the names of the stores translated with google translate ( "forever faithful car dealer's", "the beasts poison the feed store" ...) and many restaurants dog. Still thinking "is unmerciful fire, fire alarm should be rung all the time" (imagine the emergency siren in case of fires that always plays without interruption!) Another small bus takes us to Kaili. Kaili has about 140,000 inhabitants and is the standard for a kind of Chinese paesone (big village). There we passed the new year and then we would separate the girls and I to SHANGHAI toward the train on which I started to write this post. In short we were in Kaili for practical reasons and not for the city itself, even if it offers a good starting point for exploring the villages and Miao Geijia that surround it. The first impression of the city: depression. Clouds over our heads (...), yards, communist drabness. Even finding a hotel, it seems difficult but in the end we will do! We have a room with three beds, bathroom and TV, all over EUR 8 per night (the room, not per person) in spassosissimo, the name could not summarize the essence of most of this city, PETROLEUM HOTEL! Really, really so it was called. Inside, a bar too high with a black girl that you saw only the eyes and face, very nice and seemingly careless of the name of his post. Behind her hotel petroleum "written in golden letters and characters but dirty black oil perhaps? Climbing the stairs we see hidden behind other benches of women chatting while doing the crochet. All the walls are paintings of the landings of green oil and the landscape that shows the window of our room includes a beautiful yard and the background of buildings under demolition. Sublime. Kaili is also bad, but the atmosphere is nice and friendly. The second day we change the hotel and in the afternoon, turning a little 'for the many paths, walkways and where to shop, take advantage dell'ampissima choice of food by road. Eat the fruit skewers pechinesi Chinese Glazed and nuts, a classic, but one thing never seen before: Crack of the batter of rice cooked by steaming and then filled with vegetables, hot peppers, and peanuts. Walk to class neighborhoods with unpaved roads and dental clinics with beds in front of the dusty road. Dentists smoke and play cards. One installation with pliers Siska lifted when the photographer. Mysterious centers and acupuncture treatments based on air pressure (suction cups on certain points of the body) alongside clothing stores and hardware stores. In an open space between two houses of the men around a bonfire cut his throat with a chicken and run to the diameter of the area where it will build a new house, spreading blood. Eat a snack (the girls of sandwiches filled with cream of beans cooked by steaming, I raviolone a steamed stuffed with rice and beans). After this informative walk that makes us even through a market return on the main pedestrian street where Siska wants to buy the bracelets by Tibetans, apart from the jewelry, we also sell pieces of dried animals including a tiger paw. Not far from a Tibetan man walk by selling his goods: hanging stick to the typical Chinese support by the shoulders, and smoked rats peeled, ready for consumption. Difficult to be bored when you see so many unusual things all at once. As I tried to describe above, we passed the last day of 2008. At night we ate 'West' in a chic restaurant (5 euros per person). Steak, potatoes and vegetables accompanied by the usual water-Chinese beer and a glass of red wine very least offered from the house. After dinner we finished in, I believe, the only disco of Kaili where as is customary in China, there is a real dance floor but many small tables where you are standing and dancing while doing the usual game of dice. The Chinese who were there, shocked by the happiness caused by our presence, we have had countless glasses of iced tea and whiskey. We danced a little 'but everything is done fairly soon because we must take into account the fact that the Chinese new year we celebrate the right to do some' celebration. The first of January in China has only about timetables, the real new year arrives in late January and February. Kaili that this seemed to us an ass hole cemented has revealed hospitable, good food and fun. 2009 three of us travel in Europe has begun in this city. Unforgettable believe, given that apart from practical reasons such as buying train tickets and prepare for the long journey, very few tourists are here. 2009, then. 2009 that in its first day, although all are here to work and all the shops are open, we have to separate us to reach different destinations. Milena and Siska face a train journey of 25 hours at a time in Shanghai, I have to give me 3 hours by bus and then wait an hour and a half and getting on a train in 22 hours (painfully slow) brings me to the place where I am now, when you finish this long post: Chengdu. It took me 2 weeks to write this post trying to sum up 2 weeks of travel, but it is Chengdu? I'm combining the capital of the west and Chinese panda?
Continue To be continued 続く
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