giovedì 2 aprile 2009

Io vivo qui

Ebbene, un attimo più serio stavolta...
Dove sono? Sono a Chengdu. Che cos'è Chengdu? Come che cos'è? Una delle
5 maggiori metropoli della Cina. Pur detto questo, anche io non ne sapevo niente prima che i miei vicini olandesi mi dicessero: "un nostro amico vive a Chengdu, magari puoi andarlo a visitare". Tanta gente in occidente non ne sapeva niente fino al maggio del 2008, mese in cui un terribile terremoto rase al suolo numerose comunità non lontane da questa città. Chi si ricorda alzi la mano!


Chengdu è la capitale della provincia del Sichuan (che significa quattro fiumi). Provincia molto estesa e sin dall'antichità, e in Cina se dici antichità vuol dire proprio ANTICHITA', molto importante come zona di confine dell’impero. Ultima popolosa regione di maggioranza Han prima del Tibet e situata a nord del difficile Yunnan con le sue ribelli minoranze ed invalicabili montagne. Il Sichuan è circondato da montagne altissime che vanno a congiungersi con l’Himalaya, è attraversato da innumerevoli corsi d’acqua, e vede crescere sulla sua estesa superficie estesi boschi di bambù, habitat naturale dei panda. I panda sono una delle curiosità che rendono questa provincia famosa oggi. Una delle ragioni per cui i turisti si fermano a Chengdu è proprio quella di andare al centro di ricerca ed accoppiamento in cattività dei panda. Come possiamo intuire dal fatto che serva un centro di ricerca per fare accoppiare i panda, il loro habitat naturale è stato ridotto a un limite tale che ormai i poveri e decimati panda dipendono dal loro invasore per continuare ad esistere. Come nel resto della Cina, il Sichuan ha visto negli ultimi decenni una corsa verso lo sviluppo delle infrastrutture, dell’edilizia, dell’inquinamento. Per fare spazio a tanti progetti, svariati ettari di foresta sono stati "ripuliti", lasciando i panda con sempre meno bambù. I panda hanno davvero bisogno di molti ettari di foresta perché la loro vita consiste principalmente nel mangiare chili e chili di foglie di bambù, dormire, mangiare foglie, dormire, mangiare foglie...

Detto ciò, io al centro dei panda non sono stato. Non sono un grande fan degli zoo, al massimo vado a vedermi un acquario. Molti di turisti vanno al parco dei panda e pagando un po’ di più possono sedersi accanto a un panda adulto, mentre pagando molto di più possono tenere in braccio un cucciolo. A Pechino conobbi un’americana e le chiesi cosa ne pensasse della recente vittoria di Obama. Lei mi disse in toni drammatici - epici che aveva lavorato come volontaria nella sua campagna elettorale (standing outside in the rain…) e che il giorno in cui è stato eletto presidente è stato il giorno più bello della sua vita. O forse no? No! Quello è stato il secondo giorno più bello della sua vita. Il più most beautiful è stato quando ha potuto tenere in braccio un cucciolo di panda al parco dei panda vicino a Chengdu. “Ma va’ da’ via’l cü, pirla!!” ho pensato in quel momento, anche se la guardavo tutto interessato perché me la sarei voluta fare. ’Sti americani c’hanno il giorno più bello della loro vita due volte alla settimana, a sentirli parlare. Comunque sia, questo è un esempio di come tanta gente parla del parco dei panda.

Insomma, io ancora non ci sono stato. A parte i panda, il Sichuan è sempre stato una provincia rigogliosa e ricca. I suoi abbondanti raccolti hanno tenuto in piedi lo spendaccione governo centrale di Pechino in vari periodi della storia, le sue vie di comunicazione idriche hanno favorito il commercio per centinaia di anni, il suo tè è rinomato in tutta la Cina, la sua... Per farla corta, tre sono le grandi meraviglie di questa provincia, secondo la cultura popolare cinese: la cucina, i paesaggi, le donne.

Il cibo di questa regione è davvero buono e sostanzialmente più ricco di sapore e varietà di quello che avevo provato prima di arrivare qua. Si usa molto peperoncino, ma anche un pepe originario della zona che ha un effetto quasi anestetico sulla bocca. Tutto trema un pochino e quando innaffi con birra, con le sue bollicine, è una goduria. Un piatto tipico che si mangia spesso è la “hotpot” piccante. Sul, o nel tavolo c’ è un fornello su cui si mette una pentola piena di brodo e olio piccante. Mentre il tutto ribollisce davanti a te, tu inserisci le pietanze e, una volta cotte, le estrai, le passi in una salsa di olio piccante, aglio, coriandolo, peperoncino, salsa di soia, aceto, salsa d’ ostrica, arachidi frantumate, e te le mangi. L’olio piccante nella pentola è arricchito da peperoncini, pepe che ti paralizza e semi di oppio. Quella dei semi d’oppio è una cosa un po’ strana: danno un buon profumo alla brodaglia ma si dice anche che creino dipendenza da hotpot. Io se non la mangio una volta a settimana sclero… Ma perché mi piace!!! Mica perché ci mettono l’ oppio. Posso smettere quando voglio!!

I paesaggi anche sono molto belli sebbene abbia visto ancora poco della regione. Vorrei vedere le montagne ma è meglio andare quando fa un po’ più caldo. Ho visto Leshan, una delle città sacre del buddhismo cinese, con un Buddha GIGANTESCO scavato nella roccia di una parete di una collina a strapiombo su un fiume. Opere incredibili. Sono andato sulla cima di una montagna sacra (Emei Shan) da cui si vede un mare di nuvole e i cui templi sono dipinti d’ oro. Faceva freddo e c’era neve dovunque, a 3000 metri, e il contrasto oro – ghiaccio era abbastanza mistico, come Crystal che si mette l’ armatura di Acquario, per intenderci.

Le donne, è vero, sono belle. In altre zone della Cina non mi facevano girare la testa come qui. Qui me la fanno girare in due modi: uno, mi giro a guardarle. Due: mi mandano fuori tanto sono sexy. Hanno lineamenti accattivanti e grossi seni. Tra poche settimane inizieranno anche a mettersi le minigonne senza collant e lì per me si alza il rischio incidenti in bici, nonché qualcosa nei pantaloni. Sì, perché ho preso una bici. Ho preso una bici da donna mezza scassata con bloster incluso, il tutto a 10 euro. La bici qui è comodissima, soprattutto per la zona dove vivo io. Non stando troppo lontano dal centro risparmio tempo e denaro muovendomi in bici piuttosto che prendendo bus o taxi. Il traffico di Chengdu è una cosa schifosa. Macchinoni dovunque, incasinatissimo, lento. I taxi costano pochissimo ma se li prendi sempre alla fine spendi tanto quanto prendere gli autobus in Olanda, che sono vergognosamente cari. Gli autobus costano circa 15 centesimi di euro a corsa, pochissimo, ma sono lentissimi e sovraffollati a un punto tale che ti manca l’aria e colassi. Da non prendere quindi se hai gremato. La bicicletta risolve tutto, se non te la rubano. Bisogna dunque sempre parcheggiarla nei parcheggi sorvegliati a pagamento, 2 euro cent.

Piaciuto il listino prezzi? Forse. A chi sì, a chi no, ma alla fine, che importa? Scrivo per me stesso. Scrivo perché quando scrivo non ho niente di meglio da fare. Questi post si sviluppano ognuno nel corso di giorni o settimane. Quando poi lo rileggi non ti rendi conto dei cambi d’ umore, dei cambi di temi, dei cambi delle macchine, che poi qua hanno spesso il cambio automatico. Si vedono tante macchine italiane ma solo due modelli: la Fiat Palio e la Fiat Siena. Manco ad averlo fatto apposta. La ragione è che in Cina la Fiat fa produrre questi due modelli. Io a Siena non ci sono mai stato; dicono sia molto bella. Me lo diceva la mia ex, che la riteneva la sua città preferita in Italia (se non sbaglio). Su ogni macchina straniera le tasse sono circa il doppio o il triplo che quelle applicate a un veicolo di produzione cinese. Da noi non si sa niente di automobili cinesi, eppure vi sono molte marche. Le ho potute notare nei vari posti dove son stato prima di approdare a Chengdu. A Chengdu invece le macchine sono tutte straniere, principalmente giapponesi e tedesche. Chengdu, che inventò la carta moneta in non mi ricordo quale remoto secolo, è una città di ricchi che si vogliono mettere in mostra. Non ha quell’atmosfera arrogante e lussuosa di SHANGHAI, è più… tamarra, per così dire. I sapori sono forti, le donne sono fighe, la gente da sfoggio del suo potere d’acquisto comprando automobili straniere. Chengdu è stata oggetto di giganteschi investimenti da parte del governo centrale atti a spingere l’ ovest del paese sulla stessa strada imboccata dalla già fiorente zona orientale. I quartieri vecchi stanno scomparendo a vista d’occhio e qua e là, trascurati e nascosti, l’uomo che cammina (come il titolo di un bellissimo manga giapponese) s’imbatte in pezzi di mura ondulate dai tipici mattoni grigi, pezzi di case risalenti a chissà quando. Inoltre, Chengdu mi ricorda Nagoya, una delle città più accoglienti del Giappone. Anche Nagoya è città automobilistica, sede dell’onnipotente Toyota (amen), dimora della cotoletta impanata di maiale rifritta nel miso (la pasta di fagioli di soia fermentati, vedi miso soup) e servita su un lettino di cavolo tritato adagiato su una piastra di ghisa ardente, delle ali di pollo, dei macchinoni, del magnifico castello (che a quello di Osaka, secondo me, da la merda), e dell’ homus nipponicus godereccio.

Chengdu, in poche parole, il cui nome in cinese significa qualcosa come ‘metropoli compiuta’ o ‘metropoli adulta’, nel senso di fiorente, ricca di status, se fosse un bambino invece di un adulto sarebbe paciarotto, scherzoso, pigro eppure efficiente. Marco Polo ne parlò pieno di meraviglia e ammirazione nel suo Milione, libro che ho amato molto. Un altro libro sul passato della Cina che in questi giorni mi sta facendo realizzare la grandezza che fu in questa parte del mondo è dell’autore inglese Gavin Menzies e si chiama “1421, The Year China Discovered the World”. Il titolo suggerisce qualcosa sul contenuto, mentre la montagna di ritrovamenti sparsi per il globo suggerisce la veridicità delle scoperte fatte da questo signor Menzies, ex navigatore di sottomarini della marina britannica. I cinesi hanno esplorato ogni continente a bordo di colossali giunche, pressoché autosufficienti e capaci di affrontare qualsiasi tipo di mare, dall’oceano antartico a quello artico, dai caraibi alla Nuova Zelanda. Sfruttando conoscenze geografiche e astronomiche che andavano perfezionandosi con ogni giorno di viaggio, e avvantaggiandosi delle naturali ‘autostrade d’ acqua‘ costituite dalle correnti, i cinesi hanno solcato i mari per tre memorabili anni (1421-1423). Con l’inevitabile perdita di navi a causa delle dure prove di forza e fortuna che accompagnano la navigazione, si dovettero stanziare delle colonie cinesi in nei posti più impensati (andiamo dal Perù alla Groenlandia…) prima della massiva colonizzazione da parte degli europei, alcuni dei quali parlarono di popoli con usanze e sembianze dell’ Est nei loro resoconti di viaggio. Uno dei libri più interessanti che mi ricordo di aver letto negli ultimi mesi; una cassaforte di dati storici che ancora si stenta ad aprire al grande pubblico. E perché poi? Perché in tante parti del mondo s’insegna che colombo era spagnolo? Perché ai nostri figli verrà insegnato che Colombo ha scoperto l’ America quando sempre più gente sa che i primi europei ad arrivarvi furono i vichinghi? Perché non dire a tutti che i cinesi per primi hanno circumnavigato il globo, che si sono stanziati in Nord e Sud America e che hanno ‘scoperto’ l’ Australia e la Nuova Zelanda? Forse perché magari non interessa a nessuno cambiare l’attuale e confortabile versione della storia, ma anche perché la Cina, negli anni seguenti alle grandi esplorazioni, ha bruciato ogni resoconto, ha sradicato il ricordo della “Flotta del Tesoro” dalla memoria collettiva. Se volete saperne di più, leggetevi il libro.

Per il resto, tutto va, anche se non proprio eccitante. Ieri sera sono andato al karaoke e ho cantato delle canzoni stupide tipo degli Wham! e Madonna, ma anche una canzone di Lupin III e una malata cover giapponese di “Tintarella di luna”. Il caldo è tornato and it’s here to stay. I profumi della primavera ogni tanto trovano una maniera di penetrare oltre il nero velo di smog e nel cielo, sebbene sempre grigiastro, si vede il sole.

Il mio coinquilino è andato in viaggio di lavoro per una settimana e non conoscendo praticamente nessuno qui in città mi rompo le palle alquanto, vado al lavoro e urlo per farmi sentire dai bambini, cucino di nuovo in casa dopo mesi di mangiare fuori e mi faccio una marea di viaggi nella testa. A volte questi viaggi sono romantici e carini, a volte volgari e misogini. Ecco 2 esempi

1- Dunque, la situazione: una delle mie colleghe viene da un’ isola nel Sud della Cina dove probabilmente questa estate andrò insieme a lei e 2 amici di Milano. Il viaggio: andavo lì ed essendo 2 coppie da cosa nasceva cosa. Mi sposavo con lei e la mia famiglia veniva in visita dall’Italia all’isola di Hainan. Veniva anche mia nonna, che pur non avendo praticamente mai viaggiato, vista l’ occasione del matrimonio decideva di fare questa follia e visitare questa parte della Cina. Sopraffatta dalle emozioni suscitate dalla natura, dalla straniera cultura, dalla gentilezza della gente, dal nipote che si sposa e dal conoscere la famiglia di lei, mia nonna si commuoveva serena di aver fatto questo viaggio quando ancora poteva.

2- Sto andando in bici piano piano di sera, si sta bene. Vedo una ragazza e penso: “va’ che bella ragazza! ... … … però col mio cazzo in bocca sarebbe ancora più bella!”

3- Con un collega parliamo della bellissima ragazza che, seduta su una panchina, spruzza un po’ d’ acqua bevendo dalla bottiglia dopo aver fatto un sorso troppo grosso. Lui dice: “Bellissima anche quando sputa l’ acqua!” io rispondo: “Spruzza la mia sborra!”

Ora possiamo votare per decidere quali di questi 3 viaggi sono romanticarini e quali volgarbastardi. Proprio come li chiama un mio amico, questi sono ‘fulmini nel cervello’ e si concentrano in alcuni giorni. Ti viene il fulmine e prima che te ne renda conto è già passato, lasciando una luminosa scia di stupidità nella tua testa. Che bello immaginare.

In ogni caso, negli ultimi giorni una delle canzoni di Lupin mi sta ossessionando. Una di quelle melodie a ciclo che puoi canticchiare per sempre, hai presente? Con questa canzone nella testa ho passato 2 sere senza corrente al buoi a casa. Me la cantavo fino ad ipnotizzarmi e mi facevo un sacco di dialoghi da solo guardando fuori dalla finestra. Nei meandri della testa entri, e non sembra, ma il tempo passa. Poi è tornata la corrente e io sono tornato a stare sempre su internet.

Un’emozione fredda mi avvolge, una culla di neve. Freddo dentro di me, costante. Come spiegare? Perché spiegare? Per questo motivo: non sto più viaggiando e mi sono stanziato in una nuova città. Certi patroni stanno affiorando e così anche certi stati d’animo, che, se le costanti nuove impressioni del viaggio si assopiscono, una volta fermi ritornano. D’ altronde, scrivo per scrivere, per riassumere e per dire, per divagare.

E qui divago.

La noncuranza è forse ai massimi livelli. Il disinteresse più sconcertante per tutto ciò che succede intorno a me. Se potessi riassumere il tutto in una frase direi: “non me ne frega niente”. Non me ne frega niente di niente né di nessuno. Detto questo, ammetto che sia un peccato, però è così. Disinteresse ed apatia mi comandano, sebbene ogni nuovo particolare che noto per la città mi affascini. Città nuova e fatica a conoscere persone, amici. Fatica e anche disinteresse da parte mia, che spesso non faccio niente per aprirmi un po’. Non me ne frega niente dei rapporti umani, delle interazioni a cui devi prender parte, delle regole situazionali. Tutti presi ed entusiasti di qualcosa o qualcuno e mi fa piacere per loro, ma queste emozioni non mi toccano da tanti, tanti mesi. La cosa è alienante. A casa non parlo, cerco cose sul web, leggo, e bevo birra. Faccio un po’ di pesi, cucino e poi prendo la bici e vado al lavoro. Al lavoro parlo, anzi, urlo affinché i bambini mi sentano ‘forte e chiaro’. Quando le lezioni finiscono sono di nuovo da solo. Riprendo la bici e ritorno per la stessa strada, ma molto più lentamente perché tanto non ho fretta. Mi guardo in giro, vedo i cinesi. Come essere in un film alle volte.

Poi però, da che è tornato il mio coinquilino, che era in viaggio di lavoro, ho ricominciato a parlare e a ridere un po’. Venerdì è stata la mia giornata. Andando al lavoro in bici ho rischiato la vita tra un bus e un taxi che andava ad almeno 80 all’ora. Tanta paura in mezzo all’incrocio che volevo passare col rosso, figura di merda e cuore a mille, e poi via, verso la scuola. Mi perdo e corro per arrivare in tempo. Sudato (fa caldo…) fumato, i bambini accaldati, indurmenti ai loro posti. Due lezioni faccio. Nella seconda classe c’è la prof cinese d’ inglese che mi manda fuori di testa. Bella, seria, gentile, da sposare, oserei dire. Mentre faccio il pirla coi bambini, mentre ‘faccio il simpatico’, la presenza della signorina in classe mi annebbia il cervello. Chissà cosa pensa quando mi vede fare il pirla. Insegnando a bambini di 6 anni bisogna fare il pirla, sennò non si divertono, e se non si divertono non ti cagano. Solo che bisogna saper fare il pirla in una certa maniera, bisogna insegnare. Io ogni tanto avevo l’impressione di star facendo il pirla per l’insegnante più che per i bimbi. Stavo insegnando una canzone e facevo giravolte alla lavagna, con la mia camicia coi fiorellini che mi svolazzava intorno, e mi chiedevo se piacesse alla maestrina, se sotto il banco, coperta da un libro, si stesse toccando…

Ma quasi sicuramente no. Troppo seria per queste cose, appena appena accenna un sorriso di tanto in tanto (secondo me ha la figa bella stretta che esplodi di gioia). La sua bellezza marmorea, bianca, non mi concede nessun appiglio. Che roba… magari dovrei chiedere di farmi mettere in un’ altra classe perché lei con la sua bellezza mi distrae. O magari dovrei informarmi se vuole uscire con me un giorno. Ditemi la vostra che sono curioso.

Ma vedi, anche quello. Stare a darsi da fare per uscire quando un solo pensiero ti comanda, e voi sapete qual’ è. A volte lo sbattimento sembra così grande che ti passa la voglia. Esci con una, fai il brillante, sei paziente quando serve ma sai anche creare l’attimo che dovrai saper cogliere, per poi magari dovere aspettare, fare tutto di nuovo…

A me non me ne frega un cazzo, detto sinceramente. A meno che non sia una persona davvero simpatica ed interessante o proprio bellissima (come la maestrina) a me interessa SOLO SCOPARE. Come una macchina. Solo quello voglio, come una macchina che va usata per non farla arrugginire, scopare. Scopare, sì, ma spesso non ci penso neanche, poi all’ improvviso lo faccio e mi ricordo di quanto sia bello, anche se quella grande intimità con una persona quasi sconosciuta mi fa sentire lontano e freddo. Mi sciolgo per un attimo. Non per niente si chiama “fare l’amore”. Ci metto tutto me stesso, l’ accarezzo, la sento come un DJ deve sentire il pubblico, mi adatto a lei, lei diventa la mia principessa in quel momento. Godo nel vederla godere, gli occhi socchiusi e le labbra leggermente aperte, oppure lanciando un urlo primordiale. Forte e piano, come una musica, un duetto in cui io però dirigo. Più le piace più mi piace. - “Apriti, fiore di donna che sei, fiorisci, espandi il tuo profumo mentre accarezzo i tuoi petali!!” – penso spesso in quei casi. Poi però dopo finisce tutto. Ognuno per la sua strada quando invece poco prima eravamo come fratello e sorella (salvo che stavamo a scopa’, ma ce siamo intesi nevvero?). una persona che ho conosciuto così nel profondo, fisico, ma non in quello spirituale, e che spesso non mi interessa neanche conoscere. Certo è che in quei momenti ti lasci andare e ami, pur rendendoti conto della distanza che c’è.

Per tornare a bomba (BUM!!!), la giornata di venerdì e il suo pomeriggio mi vedevano su una bici troppo bassa per me, circondato da cinesi che mi tagliano la strada, mi sorpassano da ogni lato, calma morta mentre tra lo smog rientro. A casa mi godo il fresco. Una doccia, calzoncini, alla finestra, uno sbrillino, relax. Birra fresca e semi di girasole. Finisco di fare il bucato.

La svolta arriva uscendo. Da circa 3 settimane non avevo preso parte ad attività sociali, salvo il karaoke coi colleghi. Non parlavo, e rifarlo costa fatica. Andiamo al solito bar francese e mi sembra di vedere un documentario sul comportamento umano. I saluti e le gestualità rendono la scena, danno significato a ciò che chiamiamo bar, pub, café, etc.. Piano piano incontro gente conosciuta e faccio 2 chiacchiere. Per noia o nervosismo, credo, fumo e bevo rapidamente e tanto. Le varie birre a casa più dei gin tonic, più delle altre birre, mentre chiacchierare mi diverte sempre di più. La serata procede tra una chiacchiera e l’ altra quando sul tardi un incontro particolare che cambia il mio fine settimana in modo piacevole e piacevolmente stancante. Un incontro che mi cambia l’umore e i giorni a seguire. Scopare mi interessa sempre di più, ma non solo. Se quella era l’impressione delle prime 24 ore, i giorni successivi l’hanno smentita. La stanno smentendo. Sto conoscendo una persona, piano, lentamente, cautamente. Ma io mi faccio conoscere? Finora non tanto. Chissà cosa ne pensa lei. Questo weekend (dal 3 aprile) andremo insieme ad altre 4 persone a visitare una città antica e romantica nel sud della nostra regione. Buona occasione per conoscersi facendo cose diverse dallo stare a letto. Vlinders in mijn buik? Misschien. Het is (bijna) lente (farfalle nella pancia? Forse. E’ (quasi) primavera). Quella sensazione lì gli olandesi la chiamano “farfalle nella pancia”. Carino vero?

In ogni caso, ritornerò su questo argomento. Inoltre, quest’ ultima settimana sono stato ad Hong Kong, di cui parlerò nel prossimo post. Per ora vi lascio e mi lascio con quest’accozzaglia di parole e ragionamenti il cui filo conduttore è così sottile e nascosto che se lo trovate vi faccio i complimenti.

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